Smettiamola di chiamarla ‘Comunicazione Integrata’. Stiamo solo vendendo un costoso puzzle di servizi.
Il Mercato è Pronto per un Cambiamento
Come professionisti della comunicazione, abbiamo una responsabilità: essere onesti. E la prima onestà che dobbiamo a noi stessi, e ai nostri clienti, è ammettere che la ‘Comunicazione Integrata’ per come la vendiamo e la compriamo oggi, spesso, semplicemente non esiste.
È un’etichetta. Una parola rassicurante che nasconde una realtà frammentata.
Le aziende si rivolgono a noi cercando una sinfonia, e noi troppo spesso gli vendiamo un’orchestra di solisti eccellenti che però suonano ognuno il proprio spartito. Abbiamo un’ottima agenzia per le PR, un team digital coinvolgente, un partner creativo mozzafiato. Ognuno, nel suo silo, fa un lavoro impeccabile. Ma il risultato finale non è la somma delle parti. È un puzzle, appunto. Un puzzle costoso, composto da tessere bellissime che faticano a incastrarsi.
E non è un’intuizione isolata. È una transizione che i dati confermano con una forza disarmante. Forrester ci dice che già oggi il 75% dei marketer si affida ad agenzie “full funnel”. Deloitte rincara la dose, affermando che per l’85% delle grandi aziende è essenziale avere un partner capace di integrare branding, performance e customer engagement. E McKinsey chiude il cerchio, rivelando che il 72% delle aziende enterprise investe in partnership con agenzie integrate per migliorare l’intera customer journey
75%
dei marketer si affida già ad agenzie “full funnel” per orchestrare le proprie strategie.
Fonte: Forrester
85%
delle grandi aziende ritiene essenziale un partner capace di integrare branding e performance.
Fonte: Deloitte
72%
delle aziende enterprise investe in partnership integrate per migliorare la customer journey.
Fonte: McKinsey
Forse perché il problema non è la bravura dei solisti. Forse il problema è a monte, nel modo stesso in cui concepiamo, briefiamo e acquistiamo la comunicazione. E se la vera integrazione non fosse far parlare le agenzie tra loro, ma far parlare la comunicazione con gli unici interlocutori che contano davvero: gli obiettivi di business?
Le Tre Trappole (e i Loro Costi Reali)
Il modello basato su brief separati non è solo inefficiente; è una macchina perfettamente progettata per produrre tre tipi di spreco. Tre “tasse occulte” che ogni azienda paga senza rendersene conto, e che erodono budget, coerenza e valore. Analizziamole nel dettaglio.
Trappola 1: L’Incoerenza del Messaggio (Il costo della confusione)
L’esempio è classico. Il team PR lancia con orgoglio una campagna sui valori di sostenibilità del brand, guadagnando articoli su testate prestigiose. Nello stesso momento, il team performance lancia una campagna social aggressiva, con messaggi focalizzati solo sul prezzo e sulla promozione. Risultato? Un potenziale cliente legge un articolo ispirazionale sulla vostra etica e un minuto dopo viene raggiunto su Instagram da una pubblicità che sembra provenire da un’altra azienda.
L’impatto economico non è un’ipotesi. Uno degli studi più autorevoli in questo campo, il report State of Brand Consistency di Lucidpress (ora Marq), ha rilevato che le aziende con una brand identity coerente su tutti i canali registrano un aumento medio dei ricavi fino al 33%. L’incoerenza non è un problema di ‘immagine’, è un problema di fatturato. Ogni cliente che esita, confuso dalla vostra comunicazione, è un’opportunità di vendita persa. Il costo nascosto è la perdita di fiducia, che, come ci insegnano, è la base di ogni relazione di business. In sintesi: l’incoerenza non confonde solo il mercato, lo impoverisce.
La via d’uscita inizia con una domanda: E se il messaggio fosse unico, definito a monte a livello strategico, e poi declinato con intelligenza e coerenza su ogni singolo canale, dalla PR alla performance?
Trappola 2: L’Inefficienza Economica (Il costo della cattiva “Governance”)
La seconda trappola è la più facile da misurare e la più dolorosa per ogni CFO: lo spreco diretto di budget. Quando la strategia, la creatività e la delivery sono gestite in silos, la duplicazione di sforzi e l’allocazione inefficiente delle risorse non sono un’eccezione, sono la norma.
Ma di quanto spreco stiamo parlando? Non servono ipotesi. La stima più autorevole in questo campo arriva da Gartner: si calcola che, in media, il 26% di un budget di marketing venga sprecato su canali sbagliati o a causa di una cattiva strategia e di una mancata coordinazione tra le parti.
Pensiamoci un attimo. Su un budget di comunicazione di 500.000€, stiamo parlando di 130.000€ persi. Non per sfortuna o per una campagna andata male, ma per un difetto strutturale nel modo in cui il budget viene governato. Non è un errore di calcolo. È un errore di architettura.
Ed ecco il punto cruciale. Questo spreco non nasce da una cattiva esecuzione. Spesso, le singole attività di delivery (il post, il comunicato stampa, la campagna ADS) sono fatte a regola d’arte. Il problema è la mancanza di un’unica mente che le diriga, di un direttore d’orchestra che si assicuri che ogni strumento suoni la stessa melodia, al momento giusto. È un problema di governance strategica. La chiave di volta, infatti, è separare nettamente la fase di progettazione strategico-creativa dalla fase di messa a terra operativa (delivery).
La via d’uscita inizia con una domanda potente: E se la chiave per sbloccare quel 26% di efficienza non fosse controllare meglio ogni singola attività, ma investire in un’unica fase di governance a monte, che garantisca che ogni euro speso in delivery sia perfettamente allineato alla stessa, unica partitura?
Trappola 3: Le Opportunità Perse (Il costo dell’isolamento)
Questa è la trappola più dolorosa, perché è invisibile. Un community manager, parlando ogni giorno con i clienti, scopre un’intuizione geniale su un nuovo bisogno del mercato. In un modello a silos, questa idea al massimo diventa un punto in un report mensile, che nessuno leggerà mai. Quell’intuizione non arriverà mai al team che si occupa di strategia di prodotto, né a chi scrive i discorsi per il CEO.
Qui si misura il costo del mancato ROI. Le ricerche sull’efficacia della comunicazione integrata parlano di “sinergia“, quel fenomeno per cui 1+1 non fa 2, ma 3. Il modello a silos, per sua natura, uccide la sinergia. È un sistema che si accontenta di sommare il valore delle singole tessere, invece di moltiplicarlo creando un’immagine completa. Si finanzia l’acquisto dei pezzi del puzzle, ma non si investe nel tempo e nella visione necessari per comporlo.
La via d’uscita inizia con una domanda: Il vostro partner di comunicazione è strutturato e incentivato per vendervi ore di lavoro nei singoli silos, o per scoprire e attivare valore in modo trasversale per il vostro business?
Trappola 1: Incoerenza del Messaggio
Quando PR, digital e creatività operano in silos, il brand parla con voci diverse, confondendo il mercato e perdendo fiducia. Questo non è un problema di immagine, è un problema di fatturato.
Le aziende con brand coerente registrano un aumento dei ricavi fino al 33% (Lucidpress/Marq).
Trappola 2: Inefficienza Economica
Duplicazione di analisi, strategie e reporting. Un modello a silos è una macchina perfettamente progettata per bruciare risorse in attività ridondanti. Un difetto di architettura, non di esecuzione.
Il 26% del budget di marketing viene sprecato a causa di una cattiva Governance (Gartner).
Trappola 3: Opportunità Perse
Le intuizioni geniali scoperte su un canale muoiono nel loro silo, senza poter fertilizzare la strategia generale. La sinergia (1+1=3) viene uccisa, accontentandosi di una banale somma.
PR
✕
Digital
✕
Creatività
In un modello a silos, le idee non fluiscono, le opportunità vengono sistematicamente mancate.
La Soluzione: dalla Governance al Valore
Se il problema è un’orchestra di solisti che suonano partiture diverse, la soluzione non è chiedere loro di suonare più forte. La soluzione è dare a tutti la stessa, unica partitura.
Per anni, abbiamo cercato di risolvere il problema dell’integrazione a valle, chiedendo ai team di “parlarsi di più”, di “allinearsi”, di coordinarsi. Ma è un approccio destinato a fallire, perché interviene quando ormai è troppo tardi.
La vera rivoluzione, la via d’uscita dalle trappole che abbiamo visto, è smettere di agire sulla delivery e iniziare a governare la progettazione.
Significa abbandonare la moltitudine di brief verticali (PR, digital, creativo) per abbracciare un unico, potente strumento a monte: il Brief Strategico di Business.
Questo non è un brief di comunicazione che chiede ‘cosa fare’. È un brief strategico che chiede ‘perché lo stiamo facendo e quale risultato di business vogliamo ottenere’. Non parte dalle tattiche, ma dagli obiettivi: qual è il nostro target di crescita? Quale mercato vogliamo conquistare?
Qual è il nostro vantaggio competitivo e come possiamo usarlo per vincere?
Solo quando le risposte a queste domande sono chiare, condivise e approvate, si può passare a definire la strategia di comunicazione e, solo alla fine, la sua esecuzione sui singoli canali.
Ed è qui che il ruolo dell’agenzia deve evolvere radicalmente. Le aziende non hanno più bisogno dell’ennesimo fornitore di servizi da aggiungere al puzzle. Hanno bisogno di un partner capace di sedersi al tavolo prima che il puzzle venga anche solo pensato.
Hanno bisogno di un Advisor Strategico. Un advisor il cui successo non si misura in ore fatturate o in output prodotti, ma con un unico KPI: l’impatto misurabile sugli obiettivi di business del cliente. Un partner che aiuta a scrivere l’unica partitura che conta, e poi si assicura che ogni strumento la esegua in perfetta armonia, trasformando finalmente la comunicazione da una delle voci di costo più incerte, al più prevedibile e potente motore di crescita per il vostro business..
IL VECCHIO MODELLO: Il Puzzle
🌪️
Caos, Sprechi, Incoerenza
IL NUOVO MODELLO: LA GOVERNANCE
🎯
Valore, Sinergia, Risultati
Le aziende non hanno più bisogno di un fornitore di servizi. Hanno bisogno di un partner strategico.
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